sabato 30 luglio 2011

da Eternal Sunshine of the Spotless Mind

Lei: «I grandi non capiscono quanto ci si può sentire soli da bambini. Come se tu non contassi. Io avevo otto anni e avevo dei giocattoli, delle bambole. La mia preferita era una bambola brutta che io chiamavo Clementine e la sgridavo in continuazione: non devi essere brutta, sii bella. Che assurdità, come se potendo trasformare lei potessi per magia cambiare me stessa».
Lui: «Sei bella» 
Lei: «Joel, non mi lasciare mai» 
Mierzwiak perfavore mi lasci questo ricordo, soltanto questo.
Ti voglio tenere per mano, vieni.
Lui: «In questo momento potrei morire Clem. Io mi sento così felice. Non avevo mai provato cosa fosse la felicità. Sono esattamente... dove voglio essere» 
Clem?
Non lo voglio più fare.
Chiedo scusa ho sbagliato.
Non lo voglio più fare.








mercoledì 13 aprile 2011

Laboratorio di poesia


Associazione Arbanella e Andrea Cirillo presentano: La mappa. Un laboratorio di poesia che si terrà dal 20 al 22 maggio a Regnano, Lunigiana. Per info e iscrizioni potete scrivere a info@arbanella.it o chiamare il 366-4405204.

domenica 19 settembre 2010

Storia delirante della letteratura: Saramago Vs Follet.


Sono andato a comprare l’ultimo libro di José Saramago - Caino, Feltrinelli Editore - e mi hanno regalato uno dei quei libercoli promozionali che fanno da anteprima alle nuove uscite. Suddetto libercolo sta alla letteratura come il trailer sta al cinema e siccome adoro i trailer non sono riuscito a dire di no. Non ho detto di no, nonostante tale libercolo si intitolasse: La caduta dei giganti. Autore: Ken Follet. Saramago contro Ken Follet, il saggio contro il robottone, Gandalf contro il mostro. 
A prima vista il libercolo non sembrava pericoloso, ma siccome la cinematografia ci insegna che il mostro (nel caso specifico di Gandalf è per la precisione un Barlog, ma tralascio i particolari) vuole sempre fotterti, rimango vigile e infatti mi basta andare alla seconda di copertina per ricredermi. La prima cosa che vi si legge è in maiuscolo e in rosso: 28 SETTEMBRE 2010 IN CONTEMPORANEA MONDIALE. Boom! Penso: ma quanto ci vuole a tradurre un tomone di millecinquecento pagine come presumibilmente è un nuovo libro di Ken Follet? Ken ha scritto il libro sei mesi fa? Oppure lo fanno tradurre a Google Translator? Ho risolto la questione con un: «così è il mercato, baby» e in ultima analisi con un: «chissenefrega».
Della descrizione del romanzo che segue poco dopo non ci capisco un’accidenti. Ci sono cinque famiglie e un elenco di luoghi che non finisce più. Il Galles, Londra, Washington, Parigi, San Pietroburgo. Della storia neanche l’ombra.
Questo tipo di letteratura è una guida vacanza versione hot. Ti conduce in luoghi celebri come le camere papali, la casa bianca, Buckingham Palace e via dicendo. Dentro luoghi cioè dove non entrerai mai. Ti mette faccia a faccia col Papa, il presidente degli Stati Uniti e la regina d’Inghilterra ad un prezzo tutto sommato onesto. Anche perché quei venti euro che sborsi ti vengono ripagati dalla sensazione di avere tra le mani qualcosa di imponente. Qui tutto è imponente, a cominciare dal titolo: La caduta dei giganti. La lunghezza lo è altrettanto: cosa credi, di cavartela con un unico volume? Questa è una trilogia! «Destinata a diventare un classico», a detta di quanto è riportato nel libercolo stesso. Sono letteralmente preso da deliri di onnipotenza. Vorrei invadere il Canada.
Io, come forse si è già capito, tengo per Saramago. I pilastri della terra, il più celebre libro di Follet, ho anche provato a leggerlo. Sono arrivato a pagina centodue e ho lasciato stare. Se c’è una cosa che mi irrita è l’abuso dei puntini di sospensione e I pilastri della terra ne è letteralmente invaso. Un’epidemia. La peste bubbonica dei puntini di sospensione. Quando la voglia di prendere una matita e cerchiarli è diventata irrefrenabile, ho chiuso il tomone e l’ho riposto nella mia libreria, tra L’uccello del sole di Wilbur Smith e Tesoro di Clive Cussler, un posto non certo d’onore considerato che non ho mai letto né l’uno né l’altro.
Lascio stare Ken Follet e mi butto su Saramago. Caino poteva essere un brutto libro, frutto di noiosi virtuosismi e intrappolato in una sovrastruttura anche un po‘ banalotta: far percorrere a Caino episodi canonici e apocrifi dell’antico testamento. E invece è un gran bel libro. L’immedesimazione con Caino e l'intreccio narrativo (detto semplice: il vedere come va avanti la storia) ti tengono incollato al romanzo. La vicenda dell’assassino più famoso della storia passa per il thriller, l’erotico, il fantasy, la commedia. Inoltre la logica di Saramago applicata al Dio dell’antico testamento - che viene qui disegnato come cattivo e un po’ stupido - è acuta e sagace. Il tutto in quello stile Saramagesco fatto di lunghi flussi di narrazione e discorsi indiretti che non vanno a capo, che una volta capito come prenderli ti entrano direttamente nel cervello. Tutta l’opera narrativa di José Saramago è dentro questo flusso e Caino ne è l’ultimo, degno, capitolo. Mi è venuta la pelle d’oca leggendo l’ultima frase. L’ultima frase del libro e l’ultima che scriverà Saramago, morto nel giugno 2010 a 87 anni. E no che non ve la dico.
Saramago contro Follet. Il saggio contro il robottone, Gandalf contro il mostro. Dove Gandalf sembra morire e invece sopravvive ed il mostro muore e basta.


lunedì 5 luglio 2010

L' universo e le frecce


Due novità. Due antologie.
La prima si chiama Trenta secondi di universo. È un'antologia di narrativa e al suo interno c'è un mio racconto: L'ultima cosa che rimane.
La seconda è Frecce verso l'altro, antologia di poesia curata splendidamente da Elisa Biagini e Fabio Zinelli. Con me anche Carlo Cuppini, Isabella Di Biase, Fabrizio Ganugi, Alessio Luise, Novella Torre, Silvia Zamperini.
Sono entrambe edite da Marcos y Marcos. Al momento però, causa i soliti problemi all'italiana non sono disponibili in libreria. Se le volete avere in mano scrivete a posta@marcosymarcos.com.

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